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Come NON fare un colloquio di lavoro (azienda edition)

Tempo di lettura: 11 min


Capitolo 1 - Contesto

Vengo contattata da una startup appena nata sul territorio, le premesse sono buone perché sento che potrebbe essere un ambiente per crescere velocemente una volta uscita fresca fresca dall'Università.

Mi allettava in particolar modo il fatto di poter scegliere da zero lo stack tecnologico, in quanto, la startup era veramente nuova e non c'era nulla di già esistente.


Poi, la vicinanza a casa, e il fatto che il team si sarebbe formato a fine settembre mi faceva già sentire parte di una realtà che avrebbe valorizzato ogni singolo dipendente.

Capitolo 2 - Il conoscitivo telefonico

Viste le buone premesse, mando una candidatura spontanea e una settimana dopo vengo ricontattata per fare una chiamata con i due soci.


Da quel che ho capito: - I due posseggono la società al 50%. - Uno è colui che parla coi clienti. - L'altro è quello che mette le competenze tecniche, infatti ha anche il ruolo di CTO (acronimo per dire che è il responsabile tecnico).

La chiamata devo dire va molto bene, ero molto entusiasta perché loro stavano formando il team in quel momento, avevano trovato 2 ragazzi per il ruolo di backendista ed erano interessati a me per il ruolo di frontendista.


Considerando che fare frontend è proprio ciò che vorrei fare "da grande" si può dire che ci siamo proprio trovati.

Mi fanno quale domanda sulle tecnologie che ho usato, in particolare mi chiedono cosa ne penso di Next.js, la mia risposta è stata:

"Lo ritengo un framework molto interessante perché sfrutta a pieno il server side rendering, cosa che in applicazioni che devono essere veloci e prediligere la SEO è fondamentale."

La risposta del CTO è stata:

"Eh vabbé, ma il server side rendering lo puoi fare anche con Angular."

E allora? Cosa vorrebbe dire? Sono rimasta un po' di stucco perché il mio non era un confronto, loro mi avevano semplicemente chiesto cosa ne pensassi di Next, comunque non dico nulla e vado avanti.

Da lì in poi mi parlano principalmente di loro e mi dicono che:

  1. Come startup non sono agli inizi ma anzi, sono in una fase già avanzata con molti clienti all'attivo.
  2. Fanno modelli di machine learning fatti in casa da soli, cosa molto importante perché un conto è prenderli già pronti, un altro è avere le competenze per costruirseli. Specificano inoltre che hanno già vari modelli.
  3. Dicono inoltre che hanno una piattaforma, anche se non mi è chiaro chi nello specifico l'abbia realizzata.
  4. Infine, dicono che il loro modello di business si basa sul fatto che sanno come dovrà venire il prodotto finale e quindi accettano clienti paganti solo se vanno incontro a quell'idea di progetto. In questo modo si auto-finanziano il progetto. Questa mi sembra un'idea davvero interessante, sono onesta.

Viste queste premesse, ero molto felice e loro mi propongono di andare per step:

  • Come prima cosa ci saremmo incontrati di persona un paio di settimane dopo.
  • Successivamente, avrei realizzato il loro sito aziendale sotto forma di prestazione occasionale (un po' come fosse un banco di prova).
  • Infine, se le condizioni c'erano ancora tutte, avremmo proceduto all'assunzione part-time.

Capitolo 3 - Il caffè

Arrivo negli uffici, saluto amichevolmente i due soci, e come prima cosa mi chiedono se ho piacere di prendere un caffè, cosa che ovviamente accetto. Non l'avessero mai fatto.

Ci facciamo un pezzo a piedi girando tra capannoni enormi (che poco si addicono al mondo IT, ma comunque non mi faccio domande) e, attraversando un piccolo ruscello tramite una passerella di metallo, arriviamo a destinazione.

Mi viene spontaneo dire:

"Certo d'inverno freddino per prendere un caffé."

L'imbarazzo si tagliava col coltello, tanto che rispondono:

"Nono ma è solo una sistemazione provvisoria."

Passerella di metallo

(Una roba del genere ma con sotto un fiumiciattolo che scorreva anche abbastanza forte).

Arriviamo alla macchinetta del caffè, ma nessuno dei due aveva spicci.


Chiedono una chiavetta ad un lavoratore del capannone, purtroppo la chiavetta era vuota (il dipendente palese voleva che gliela ricaricassero a gratis ahahha).

Quando sembrava non esserci via d'uscita, arriva l'ideona: la macchinetta ha l'app!


Il CTO si adopera a scaricarla, tra l'imbarazzo generale, e dopo 5 minuti rinuncia dicendo "no via non va".


Bah, sei un responsabile tecnico, mi aspetto che sai fare ad usare un'app in cui ricarichi il saldo e paghi (e di solito quando si tratta di pagare è tutto facile ahaha).

Usciamo di lì e l'idea era quella di andare ad un bar, peccato che la zona la conosco e essendoci capannoni e nient'altro che capannoni, non c'è un bar per qualche chilometro.


L'idea di andare al bar ci avrebbe costretto a prendere l'auto e, onestamente, non mi ispirava particolarmente, considerando che sono persone che non conosco (fidarsi è bene non fidarsi è meglio).

Ci spostiamo quindi in un altro capannone, rifacendo la passerella di metallo sul fiumiciattolo, e questa volta abbiamo più fortuna perché c'è più gente e uno di loro ha la chiavetta carica. Dopo 15 minuti, caffè preso 🎉.

Non è un buon inizio

Boh, sai che ti viene una persona e gli vuoi offrire un caffè, preparateli due spicci dico io.

Capitolo 4 - Il cicchetto

Ma non mi fermo alle apparenze, diciamo che l'organizzazione di solito non il punto forte delle startup, cerco di liberare la mente da pregiudizi e andiamo avanti.

Entriamo nell'ufficio, nemmeno il tempo di fare un passo che sui due soci si scatena l'ira dei dipendenti che lavorano lì che dicono:

"Ragazzi, siamo andati un attimo nel capannone e abbiamo trovato la porta aperta, noi qui ci lasciamo portafoglio e cellulare e, siccome ve l'abbiamo già detto di chiudere la porta, stateci attenti!".

I due soci negano categoricamente di aver lasciato la porta aperta.


Ora, la verità non si può sapere, ma onestamente quelle persone avevano i capelli bianchi e a naso direi che lavorano lì da tutta la vita, quindi, se dicono che la porta era aperta, sono più propensa a credere loro.

Il fatto che i due soci abbiano negato mi ha fatto storcere il naso perché avrei preferito delle scuse sincere, accompagnate da una promessa che non sarebbe più ricapitato. Ma facciamo che sono giovani e preferisco lasciar perdere.

Capitolo 5 - Angular è più veloce di React

Iniziamo la nostra chiacchierata, parliamo dei soliti convenevoli, come ad esempio come va con l'Università, e poi entriamo nel vivo della conversazione.

Inizio chiedendo perché vorrebbero usare il server side rendering con Angular perché questa funzionalità è particolarmente efficace quando ogni utente vede lo stesso contenuto di ogni altro utente (grazie la cache).


Mi sdubbiava perché, sulla carta, la piattaforma che devono realizzare prevede l'opposto, ovvero che ogni utente vede una cosa diversa.


Quindi, essendo confusa sulla questione, decido di domandare quali sono i loro casi d'uso, perché magari una spiegazione plausibile c'era.

La risposta del CTO è stata che non avrebbero usato il server side rendering. Ma allora, perché al conoscitivo mi incalzi con quella risposta acida? La risposta è semplice: il CTO è un fan di Angular, e non accetta altro che non sia quello.

Durante tutto il colloquio mi sembrava di parlare con uno sviluppatore junior che difende a spada tratta il suo framework preferito elogiando i suoi pregi e screditando tutti gli altri framework enfatizzandone i difetti.

Uno sviluppatore senior (o serio, come preferite), sa che ogni framework esiste per andare incontro ad uno specifico caso d'uso, ha il suo posto nel mondo coi suoi pregi e difetti.

Infatti una conversazione costruttiva (in una realtà parallela) sarebbe potuta essere:

"Noi abbiamo clienti che vogliono una piattaforma che funziona in questo modo: ...Valutando i vari framework ritengo che Angular sia quello che si avvicina di più a risolvere i problemi perché al netto dei suoi difetti x, y e z, i suoi pregi, che sono a, b e c, prevalgono."

La risposta invece del CTO qual è stata?

"Angular è più veloce di React, perché una volta ho visto una pagina che si caricava più veloce con Angular."

Non lo so Rick

Argomenta dicendo che ha visto una pagina Angular che mostrava subito all'utente degli elementi grafici accompagnati da barre di caricamento. Invece, React mostrava una pagina completamente bianca e poi arrivava tutto all'improvviso.


Conclude affermando che non ha importanza quanti kilobyte trasferisci in toto ma quanto velocemente lo fai all'inizio.

Ora, uno sviluppatore maturo sa che i motivi per cui quella pagina Angular si caricava più velocemente possono essere tra i più disparati, anche banalmente dei criteri di cache configurati meglio.

Tra me e me mi domando, la pagina React è stata programmata bene? Hanno usato React.lazy() e il componente Suspense per ridurre la dimensione del bundle iniziale?


Insomma, che ne so io che la pagina che ha visto realizzata con React era fatta coi piedi mentre quella fatta con Angular da uno sviluppatore esperto?

È come se io dicessi:

"La Ferrari è più lenta della Lamborghini perché una volta in autostrada ho visto una Ferrari andare piano."

Comunque non dico nulla, e rispondo con un "ci sta".

La conversazione a questo punto si sposta sulla libreria UI da utilizzare, lui mi dice di preferire PrimeNg.


Sfortuna vuole (per lui) che giusto pochi giorni prima avevo letto su Reddit un post che si lamentava proprio di quella libreria.


Gentilmente dico:

"Ho letto che molti utenti si lamentano di questa libreria perché ad ogni cambio versione non funziona più con i componenti vecchi, insomma non è retrocompatibile."

Lui mi liquida con:

"Eh vabbé, ti scegli una versione e rimani su quella".

Cringe

In pratica alla prima questione oggettiva che pongo vengo zittita malamente.

Capitolo 6 - Vue è il peggiore di tutti

Continuando il viaggio nel mondo dei framework javascript, stavolta la sentenza del CTO è caduta sul povero Vue dicendo:

"Vue è il peggiore di tutti."

Pepe Sad

Povero Vue...

Argomenta la sua posizione, dicendo che in Vue ha trovato bug inspiegabili.

Anche qui mi sdubbia perché Vue è considerato un framework stabile, forse è il programmatore che non sapeva usarlo, capita a tutti in un momento di rabbia di dare la colpa al framework.

Comunque non avendolo mai usato mi astengo (più o meno) da ogni giudizio.

Capitolo 7 - Next è un framework troppo framework

Infine, concludiamo con Next (le aveva per tutti tranne Angular ahahha).


Mi dice che:

"Next è un framework troppo framework, in progetti grossi esplode."

(Si riferiva all'organizzazione del progetto, non tanto alla scalabilità in produzione).

Sulla prima affermazione, non commento neanche perché buttata lì completamente a caso e quindi non merita risposta.

Sulla seconda, gli faccio il confronto con React Router, in cui il routing viene configurato manualmente dal programmatore (che deve definire ogni rotta e collegarla al file tsx corrispondente).


Dico che questo offre grande libertà, ma allo stesso tempo lascia completamente nelle mani dello sviluppatore l’organizzazione del progetto. Se la codebase cresce senza una disciplina precisa, il rischio è di finire con una struttura caotica, con salti continui da un file all’altro nelle cartelle più nascoste.

Aggiungo che con Next, invece, il routing è più rigido e fortemente ancorato alla struttura delle cartelle. Proprio questa rigidità, che al CTO appare come un limite, diventa in realtà un vantaggio in termini di scalabilità del progetto perché previene il disordine e favorisce una base di codice più coerente e leggibile anche quando il progetto si espande.

Ci tengo a dire che non sono fan né dell'uno né dell'altro, ho solo cercato di valutare la questione nel modo più oggettivo possibile, cercando un dibattito basato su fatti reali e non su parole o impressioni.

Purtroppo però, la conversazione è morta lì e non ha voluto sentire niente che non sposasse la sua idea.

Capitolo 8 - Odio tutto ciò che è frontend

"Odio tutto ciò che è frontend."

Questa frase, scappata al CTO in modo scherzoso, a posteriori mi ha fatto molto riflettere.

Durante tutto il colloquio, ha criticato il lavoro del frontendista e sono sicura che non lo ritenga un lavoro tanto valido quanto quello del backendista.

Questa cosa mi ha rammaricata, sia perché il frontend è la mia passione e quindi non mi fa piacere sentire queste affermazioni, sia perché ritengo che in un progetto ci vogliano entrambe le parti.

Penso che non riuscirei mai a lavorare con una persona così chiusa di mente come capo.


Quello che cercavo nel mondo startup era esattamente l'opposto: apertura mentale e discussioni costruttive per scegliere sempre il meglio per il contesto che si ha.

Capitolo 9 - Dubbi su cosa hanno davvero

Passando a parlare con l'altro socio, che si occupa più dei clienti, chiedo conferma che abbiano clienti e la risposta mi lascia di sasso:

"Sì, speriamo che firmino tutti, fino ad ora abbiamo avuto clienti ma non con questa startup, diciamo, li abbiamo avuti prima di fondarla."

Ma come? Al conoscitivo mi aveva detto che come startup erano in fase avanzata, invece ora viene fuori che non avete chiuso neanche un lavoro?

Allora indago ancora di più chiedendo:

"I modelli di machine learning ve li fate in casa?"

La risposta:

"L'intenzione sarebbe quella, perché farseli in casa è meglio."

Momento Momento Momento

Momento momento momento, mi avevano detto che avevano già vari modelli, qual è la verità esattamente?

Dulcis in fundo, mi comunicano che attualmente non hanno proprio i fondi per assumermi e si andrebbe a metà ottobre.


Questa cosa non me l'avevano assolutamente detta al conoscitivo, pensavo che il fatto di fargli il sito fosse solo perché ne avevano bisogno e non per prendere tempo.

In tutto questo, non mi hanno fatto vedere una demo, un software già realizzato, un modello funzionante su un terminale. Insomma nulla di tangibile, mi dovrei semplicemente fidare delle loro parole.

Capitolo 10 - Conclusioni

Come penso abbiate intuito, ho interrotto i rapporti con questa startup.


I motivi principali sono: 1. Non mi sentirei valorizzata a lavorare in un ambiente chiuso mentalmente. 2. Non so quanto siano stati trasparenti nei miei confronti, non so cosa c'è di vero nelle loro parole. 3. Vorrei trovare una certa stabilità, non voglio rischiare che magari un mese ho lo stipendio mentre il mese dopo no perché il cliente ha tardato a saldare. Non dico che questo accadrebbe, ma, visto ciò che intuisco dalle loro parole, non mi sento di escluderlo.

Ci tengo inoltre a non creare guerre tra framework, io non mi ritengo fan di nessuno di essi. Ci sono casi in cui analizzando la situazione ritengo che usare Angular sia la scelta migliore, altri casi in cui è meglio andare su Next per dire.

Insomma, non c'è giusto o sbagliato, ma solo casi d'uso e soluzioni.

Invece, durante il mio colloquio, non si è parlato nemmeno un attimo dei loro clienti: Chi sono? Cosa vogliono? E come lo vogliono? Tutte domande senza risposta, cosa che mi porta a pensare che, in realtà, siano ancora in fase molto embrionale.

Ho voluto raccontare questa storia con l'obiettivo di sensibilizzare i ragazzi giovani come me che escono dall'Università e iniziano a fare i colloqui.

Penso che il colloquio si faccia da entrambe le parti, è un conoscersi a vicenda.


Per questo motivo, il mio consiglio è quello di andare agli incontri con domande mirate, volendo anche incalzando i datori di lavoro, per capire il loro carattere e le loro intenzioni.

Grazie di aver letto, e spero la mia esperienza vi sia stata utile ❤️.

The End

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